Ovvero THE BEGINNING THE END / L’INIZIO LA FINE di Daniela Comani
Articolo uscito su culturefuture.net il 24/02/2021
Per la rubrica LINGUAGGI
È un venerdì qualunque di una metà mese qualunque in un’oscillazione pandemica qualunque dell’anno 2021. È dopo una prenotazione fatta online nel pienissimo rispetto delle norme. Unici prerequisiti: arrivare puntuali alle 17.30, indossare la mascherina ed essere preparati a farsi sconvolgere dopo quasi un mese di isolamento totale.
Entro nella Galleria Studio G7 di Bologna, come promesso puntualissima e munita di ffp2: ad accogliermi un sorriso caldo, intravisto negli occhi, e quella voglia, così comune e così fuori da questo nuovo tempo, di salutarsi come vecchi amici che si ricongiungono – sempre a debita distanza ovviamente.
Due parole sull’opera e sull’artista e mi ritrovo da sola in una galleria studio essenziale, destinata a dare risalto solo ai contenuti e alla poetica. A destra e a sinistra della stanza rimbalzano parole; parole a me care, parole che ancora non conosco e bramo di leggere, parole che danno vita a storie inventate e riscritte. Ed è subito la rivelazione.
THE BEGINNING THE END / L’INIZIO LA FINE è un’opera molteplice: chirurgica e formale nella sua operazione di innesto e, al tempo stesso, sciolta e viscerale nel suo essere originale rielaborazione narrativa.
Quest’ultimo progetto di Daniela Comani – artista italiana ora di casa a Berlino – nasce da un lavoro certosino di catalogazione – durato sei anni – che nel 2020, dopo una attenta manifattura rispecchiante, diventa un collage personalissimo e simmetrico di frammenti, inizi e fini, tratti da 212 romanzi riconducibili tutti ad un lasso di tempo che va dal Novecento ai primi anni del 2000.
Nello stesso spazio – tempo si corrispondono F. Scott Fitzgerald, Virginie Despentes, Sylvia Plath e, insieme a loro, Alberto Moravia, Francesca Melandri, Elsa Morante, Dino Buzzati, più tantissimi altre autrici e altri autori che si ritrovano tutti, come forze centripete, a convergere verso il centro di una stessa orbita circolare: la Comani che – abile stilista del linguaggio – lavora in totale libertà all’interno della maglia stretta delle parole dando vita contemporaneamente, come lei stessa scrive, ad “una nuova storia con tutte le prime frasi dei libri scelti” e a “una [seconda] storia di coincidenze nata dalla sequenza di tutte le corrispettive ultime frasi”.
L’opera, in galleria fino al 6 marzo 2021, è trina e si compone di un dittico – aperto dalla Woolf e chiuso da Saramago – in cui si srotola la ri-narrazione alternativa, un’installazione di backstage su sfondo carta da zucchero realizzata con tutte le tavole di lavoro – per un totale di 424 diapositive – che hanno portato all’elaborazione di The Beginning The End e, infine, il prodotto libro – tascabile e in edizione limitata – che, così come è solito nel lavoro della Comani, formalizza tutto il processo creativo rendendolo fruibile a più riprese e, in questo caso, anche in una doppia direzione di lettura – “L’inizio e La fine [infatti] si incontrano nell’esatta metà del libro stesso” ricordandomi vagamente l’impostazione strutturale del progetto editoriale W o il ricordo d’infanzia di Perec (autore presente nell’opera della Comani), libro nel quale le due parti compositive si intrecciano “come se soltanto il loro incontro, quella debole luce che gettano l’uno sull’altro, potesse rivelare ciò che non è mai detto apertamente nell’uno, mai detto apertamente nell’altro, ma solo nella loro fragile intersezione”.
Tra tutte le rivelazioni di quel venerdì di metà mese passato di fronte al puzzle di citazioni letterarie da cui – tramite espediente di appropriazione e citazione, prendono vita Inizio e Fine dell’opera esposta – ricordo fortemente Charles Dickens, di cui leggo “era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l’epoca della fede e l’epoca dell’incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l’inverno della disperazione”. Sorrido e penso a quanto il racconto espressivo della Comani sia capace di stare fuori dal tempo e, anche, di legarsi a questa strampalata dimensione contemporanea: il mio tempo migliore è lì, in quello stare in galleria – quasi tra parentesi dalla vita, il mio tempo peggiore, invece, è ad aspettarmi fuori.
Sulla scia di questo pensare guardo l’orologio, sono quasi passate due ore. Decido di comprare il libro e di andare. Mi lascio la porta alle spalle. Tutto quello che, dall’inizio alla fine, ho visto e ho acchiappato “lo porto con me”, nonostante questo Covid maledetto.
_
Gli scatti provengono dall'archivio di Galleria Studio G7 presente sul sito www.galleriastudiog7.it
Commentaires